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Una trasformazione negativa e complessiva del sistema di accoglienza che ha come conseguenza diretta la contrazione dei diritti dei migranti e un cambio di prospettiva sul ruolo del Terzo Settore, che passa da una funzione di sussidiarietà e sostegno a una destinata al controllo dei migranti con il taglio dei servizi per l’integrazione. Con la conseguenza che i bandi previsti con i nuovi capitolati di gara del decreto sicurezza sono andati deserti, i piccoli centri chiusi e si sono avviati trasferimenti da città e regioni dove sono andati persi migliaia dei posti previsti.
È la fotografia scattata dalla seconda parte del rapporto “La sicurezza dell’esclusione – Centri d’Italia 2019”, che abbiamo realizzato insieme a Openpolis, che rivela gli effetti dei cambiamenti prodotti dal Decreto Sicurezza del primo Governo Conte sul sistema di accoglienza gestito dalle prefetture.
Il rapporto sottolinea come il taglio dei servizi all’autonomia delle persone, come conseguenza della drastica riduzione degli importi messi a disposizione per la gestione dei centri, abbia provocato il rifiuto del Terzo Settore di partecipare ai nuovi bandi del sistema di accoglienza. A un anno dall’approvazione del decreto sicurezza e del nuovo capitolato, risulta sempre più chiaro come questo rifiuto abbia causato per molte prefetture una effettiva difficoltà ad assegnare tutti i posti ritenuti necessari. Le procedure adottate nel corso dei mesi, come la ripetizione dei bandi e l’affidamento diretto o in economia, hanno rivelato che moltissimi posti disponibili sono stati persi. Le prefetture sono di fatto strette tra regole inapplicabili e l’obbligo di garantire il servizio.
Emblematico il caso di Livorno dove gran parte dei bandi per l’accoglienza sono andati deserti: dopo il fallimento del primo bando, la prefettura non ha ritenuto di pubblicarne di nuovi e ha invece deciso di trasferire altrove i migranti presenti nei centri che sono stati chiusi. Su 1.000 posti messi a bando dopo l’approvazione del dl sicurezza solo 564 sono stati effettivamente assegnati. Nella provincia di Firenze, dove era stato sperimentato positivamente il modello di accoglienza diffusa in tanti piccoli centri che accoglievano i migranti per lo più in appartamenti, le nuove gare hanno portato inizialmente alla firma di solo 3 convenzioni per un totale di 285 posti sui 1.800 inizialmente offerti.
“I dati confermano come il nuovo capitolato svantaggi l’accoglienza diffusa. Non a caso il tema dei bandi deserti e delle gare riproposte emerge in maniera più decisa nel Centro e nel Nord Italia, dove prefetture e realtà del Terzo Settore avevano negli scorsi anni puntato su centri di dimensioni medio piccole, in un’ottica di inclusione dei migranti. La chiusura dei piccoli centri comporta per i rifugiati e i richiedenti asilo l’interruzione dei percorsi d'inserimento sociale e lavorativo. Il trasferimento in città e paesi diversi può anche voler dire l’abbandono di ogni tentativo di integrazione e quindi la marginalità e la strada, con tutti i costi sociali connessi. Un quadro questo aggravato dalla deliberata “produzione” di irregolari attraverso le nuove previsioni normative come l’abrogazione della protezione umanitaria.” dichiara Livia Zoli, Responsabile della nostra Unità Global Inequality & Migration.
A pesare di più è proprio la trasformazione prevista dal nuovo capitolato di gara dei Cas, che divengono strutture dove i migranti devono attendere la decisione sulle richieste di asilo, senza più avere supporti per l’autonomia e l’integrazione. Tra i tre tipi di centro ora previsti (singole unità abitative, centri collettivi fino a 50 posti e centri fino a 300 posti) i tagli più consistenti coinvolgono proprio quelli che prevedono l’accoglienza diffusa in appartamenti.
La Toscana è una delle regioni in cui il fenomeno dei bandi deserti si è manifestato in maniera più evidente. In effetti in questo territorio il problema è diventato così urgente che a giugno la regione ha approvato una delibera per mettere a bando 4 milioni di euro da destinare come cofinanziamento a favore di enti pubblici o del terzo settore per progetti destinati alle persone straniere rimaste prive di reti di inserimento sociale. Lo sforzo va nella direzione di fornire nuove risorse per garantire i servizi di integrazione che il nuovo capitolato non prevede e non finanzia. Una strada che è stata percorsa anche da altre regioni, come il Lazio o la Calabria, seppur con risorse più limitate.
Il Sistema informatico di gestione dell’accoglienza (Sga) rimane, nonostante le richieste di accesso agli atti (FOIA) indirizzate al Ministero degli Interni, ad oggi ancora inaccessibile. La mancanza di trasparenza sul reale funzionamento della macchina dell'accoglienza ha, dunque, richiesto l’utilizzo della banca dati dei contratti pubblici di Anac (Bdncp), da questa sono stati estratti e analizzati i contratti pubblici dall’approvazione del decreto sicurezza fino agli inizi di agosto 2019. In questa fase di passaggio, l’indisponibilità delle informazioni necessarie per monitorare il sistema dell'accoglienza è ancora più grave perché non permette di valutare i suoi cambiamenti, la reale tutela dei diritti delle persone e il rispetto della legalità. Per questo i reiterati rifiuti del Ministero dell'Interno di fronte alle nostre richieste di accesso agli atti sono ancora più ingiustificati e inaccettabili.
Noi di ActionAid, insieme a Openpolis, sottolineiamo come le politiche dell’accoglienza attuali siano caratterizzate da una totale assenza di programmazione. Senza una revisione complessiva del sistema continueremo ad assistere ad una politica di breve respiro che si affida alla convinzione che lo scenario rimanga costante e il numero degli sbarchi sia limitato, mistificando il “costo umano” degli accordi con la Libia e senza alcuna considerazione della governance multilivello, del ruolo del Tavolo di coordinamento nazionale (anche nell’interlocuzione con il Terzo Settore) e della necessità di distribuire i migranti sul territorio in maniera proporzionata e programmata.