La difficoltà di movimento incide in maniera rilevante sul quotidiano dei palestinesi, sul modo di partecipare alla vita pubblica.

Ibrahim

By ActionAid

June 06, 2017

Ibrahim è un collega di ActionAid in Palestina, Head of Programmes in Cisgiordania e a Gaza, venuto in Italia per raccontarci com’è vivere e lavorare sotto occupazione.

“La convention di ActionAid Italia a cui ho partecipato è stata un’esperienza molto interessante per me. L’esempio di un processo partecipativo funzionante, con attivisti da varie parti d’Italia, mobilitati su questioni non solo locali, ma anche nazionali e internazionali”.

“Il lavoro che facciamo con giovani e donne è simile, ma il contesto è molto diverso. In Palestina non abbiamo la stessa libertà di movimento che c’è in Italia e in Europa: qui potete organizzare la vostra giornata e sapete che niente vi impedirà di portare a termine i vostri impegni. Inoltre avete molti mezzi di trasporto e potete scegliere quello più adatto ogni volta. Nel mio paese invece è molto difficile pianificare i propri impegni, sia giornalmente che mensilmente, e questo è dovuto principalmente all’organizzazione del territorio palestinese, diviso in diverse aree. Sia per uscire che per entrare in un’area dobbiamo attraversare i checkpoint israeliani per i controlli, operazione che rende incerto il tempo necessario a raggiungere la propria destinazione: possono volerci 15 minuti come 2 o 3 ore e talvolta può essere pericoloso.

In città come Hebron ci sono famiglie che vivono circondate dai militari, che sono lì per difendere gli insediamenti israeliani, illegali in quanto contrari al diritto internazionale umanitario.

I palestinesi inoltre hanno bisogno di permessi appositi, che nella stragrande maggioranza vengono rifiutati, così come quelli per costruirsi una casa o coltivare la terra. Tutto questo chiaramente genera un sentimento di insicurezza e di incertezza sul futuro.

Per non parlare di un viaggio all’estero, la cui organizzazione risulta molto complessa. A causa dell’occupazione noi palestinesi non abbiamo un aeroporto internazionale e non controlliamo frontiere, per cui dobbiamo andare in Giordania, attraversando il confine controllato da Israele, e utilizzare l’aeroporto di Amman”.

La difficoltà di movimento incide in maniera rilevante sul quotidiano dei palestinesi, sul modo di lavorare, sul modo di partecipare alla vita pubblica.

“La società civile è molto attiva, ma frammentata, anche a causa della frammentazione del territorio palestinese. Per questo ActionAid sta provando a coordinare i vari gruppi per lavorare meglio, anche se le difficoltà sono tante. Io ad esempio come Head of Programmes di ActionAid ho collaboratori anche nella striscia di Gaza, dove però non mi è possibile andare, in quanto ai palestinesi residenti in Cisgiordania servono permessi speciali per accedervi. Questo chiaramente complica il mio lavoro quotidianamente, perché non posso riunire il mio staff né visitare tutti i luoghi dove interveniamo”.

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