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La nostra posizione.

Il 5 giugno 1967, dopo un’escalation di tensioni, inizia un conflitto lampo contro Egitto, Giordania e Siria nel corso del quale lo Stato di Israele raggiunge la sua massima espansione territoriale. La Guerra dei Sei giorni, così chiamata perchè durata dal 5 al 10 giugno 1967, ha portato alla conquista della Cisgiordania, della Striscia di Gaza, del Sinai, delle alture del Golan e di Gerusalemme Est. Il 6 giugno l’esercito israeliano oltrepassa la Green Line, la linea che segna il confine con l’allora regno di Giordania. Da questo momento i territori palestinesi conquistati da Israele vengono conosciuti come “Territori Palestinesi Occupati” che includono anche Gerusalemme Est, annessa da Israele. Quest’anno sono ormai 50 anni dall’inizio dell’occupazione israeliana, illegale secondo il diritto internazionale (Quarta Convenzione di Ginevra) e le Nazioni Unite (risoluzioni UNGAR 3414 del 1975, UNSCR 465 del 1980 e UNSCR 2334 del 2016).

Una delle conseguenze più evidenti dell’occupazione è stata la creazione dei cosiddetti insediamenti. Il primo, Kfar Etzion, è nato poco dopo il controllo della Cisgiordania da parte di Israele e, come i successivi, è considerato illegale secondo il diritto internazionale perché in aperta violazione dell’articolo 49 della Quarta Convenzione di Ginevra - ratificata anche da Israele - che vieta alla potenza occupante di “procedere alla deportazione o al trasferimento di una parte della sua propria popolazione civile nel territorio da essa occupato”. Tuttavia, nonostante questa illegalità sia ribadita anche dalle Nazioni Unite - non ultima la risoluzione 2334 (2016) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite - oggi nei territori occupati ci sono 247 insediamenti per un totale di circa 600.000 coloni israeliani. Ma, mentre i palestinesi e i coloni israeliani vivono entrambi in Area C, solo i palestinesi sono sottoposti alla legge militare perché i coloni israeliani vivono sotto il diritto israeliano e civile. Di conseguenza, i palestinesi nei territori occupati vivono sotto un sistema giudiziario e di sicurezza parallelo e discriminatorio.

Noi di ActionAid operiamo nel contesto dei diritti umani, con l’obiettivo di garantirne a tutti il riconoscimento. In Palestina, come negli altri paesi in cui siamo presenti, sosteniamo il diritto all’autodeterminazione dei popoli e lavoriamo per difendere i diritti umani. Diritti che dovrebbero inoltre essere riconosciuti e garantiti dagli stessi occupanti anche in un contesto di occupazione secondo il diritto internazionale. L’anniversario del 1967 è quindi da ricordare non tanto per il fatto storico in sé ma perché ha generato le basi della situazione di discriminazione contro la popolazione palestinese nei territori occupati, che continua a soffrire la mancanza di diritti come la libera circolazione, il diritto alle cure e alla salute, l’accesso all’acqua o all’istruzione.

La perdita di risorse naturali e confisca dei terreni, la presenza di insediamenti illegali e le violenze perpetrate dai coloni, le barriere fisiche, i blocchi e i checkpoint che impediscono la libera circolazione, le repressioni collettive e gli arresti arbitrari, la mancanza di una vita dignitosa: tutto questo crea enormi disuguaglianze. Per questo motivo chiediamo di porre fine all'occupazione, fermare la discriminazione e le violazioni dei diritti umani e garantire il rispetto dei diritti fondamentali.

 

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