L’urgenza di un’educazione all’affettività e alla sessualità
Un quadro complesso: la violenza non è solo bullismo
Anche quest’anno continua il nostro impegno nella ricerca e approfondimento dedicata al tema della violenza di genere tra pari, parte di un osservatorio stabile che alimenta il nostro programma di contrasto alle diseguaglianze educative.
L’indagine condotta con Webboh Lab ha coinvolto oltre 14.700 adolescenti tra i 14 e i 19 anni e 1.000 adulti. Un numero considerevole che ci conferma ancora una volta che la violenza in adolescenza è radicata in stereotipi di genere e in una cultura patriarcale che continua ad alimentare discriminazioni e rapporti di potere diseguali. Anche in questa fase della vita, più esperienze di violenza si verificano in quella dimensione “onlife”, dove online e offline si intrecciano e amplificano rischi e conseguenze emotive.
“Ogni singolo femminicidio che si sente, ogni singola molestia agita su chiunque, è perché non si ha un’educazione di base sul consenso, sul rispetto.” – Nora, studentessa, focus group
Cinque profili per raccontare l’adolescenza
L’analisi psicografica che ha arricchito questa indagine rispetto alle precedenti (IPSOS La violenza tra adolescenti), ci ha permesso di individuare cinque gruppi di adolescenti italiani, una profilazione che permetterà a noi, ma anche ad attori istituzionali o agenzie educative, di capire meglio come intervenire con politiche e strategie educative mirate:
· Adolescenti senza stereotipi (16%): consapevoli, inclusivi, critici verso i modelli patriarcali.
· Giustificazionisti (16%): aderenti a credenze sessiste e colpevolizzanti.
· Progressisti distorti (17%): apparentemente aperti, ma con tratti di controllo e giudizio.
· Tradizionalisti inconsapevoli (21%): riproducono stereotipi senza metterli in discussione.
· Vigili culturali (30%): rifiutano la violenza, ma restano critici verso altre culture e religioni.

Stereotipi e corpo: un peso quotidiano
Il 93% degli intervistati e intervistate dichiara di sentire il peso degli stereotipi di genere; l’80% vive quotidianamente con uno sguardo critico sul proprio corpo, spesso doloroso. Quasi metà modifica il modo di vestirsi per paura di giudizi. Sui social, la pressione si intensifica: oltre il 7,5 su 10 dichiara di sentirsi obbligato a mostrarsi “perfetto online”.
“I social non inventano i pregiudizi, li rendono solo più forti.” – estratto da un focus group
L’urgenza di una scuola che accompagni con professionalità
Le evidenze della nostra ricerca confermano quanto osserviamo e ascoltiamo sui vari territori di intervento: le nuove generazioni ci stanno chiedendo con chiarezza che la scuola affronti l’educazione sessuale e affettiva non solo in chiave biologica, ma come percorso di crescita personale e di prevenzione della violenza, inscindibile dall’educazione all’affettività. I temi più richiesti da ragazzi e ragazze sono: consenso e piacere (32,2%), relazioni positive (25,3%), orientamenti sessuali e identità di genere (16,5%). Ragazze e ragazzi chiedono anche la presenza di avere figure esperte e preparate, spazi sicuri e una pluralità di voci, perché la famiglia da sola non basta.
Una normativa che resta indietro
Nonostante le raccomandazioni di OMS e UNESCO sulla Comprehensive Sexuality Education (CSE), in Italia l’implementazione dell’educazione sessuale e affettiva resta facoltativa,frammentata e non integrata in un quadro normativo organico e obbligatorio per tutti i gradi scolastici e le tipologie di scuola.
L’attualità politica e i provvedimenti che ne sono derivati peggiorano la situazione e riportano l’Italia ancora più indietro rispetto ad altri paesi europei. La votazione favorevole al DDL Valditara ha vietato l’educazione sessuo-affettiva alla scuola dell’infanzia e primaria, e subordinato gli stessi nelle secondarie di primo e secondo grado al consenso preventivo dei genitori. Contemporaneamente il Consiglio superiore dell’Istruzione ha dato il via libera alle Indicazioni Nazionali 2025, anch’esse prive di riferimenti all’educazione all’affettività e alla sessualità.
Agli occhi di una comunità attenta ai diritti, all’autodeterminazione di ragazzi e ragazze, tali provvedimenti minano il ruolo, nonchè l’autonomia stessa, della scuola italiana, che costituzionalmente deve eliminare le diseguaglianze di base che purtroppo caratterizzano il contesto sociale italiano e le differenti famiglie di provenienza.
Per rispondere ai bisogni delle nuove generazioni e prevenire la violenza oltre a monitorare le azioni politiche da tempo, anche insieme ad altre organizzazioni e al Coordinamento CRC, abbiamo elaborato specifiche proposte.
Tra queste ricordiamo:
1. Una legge che introduca l’educazione all’affettività e alla sessualità nei curricoli scolastici fin dalla scuola dell’infanzia, secondo standard internazionali.
2. La pubblicazione delle Linee di indirizzo nazionali per l’educazione affettivo-sessuale e alla salute riproduttiva sottoscritto dal Ministero della Salute e Ministero dell’Istruzione e del Merito.
C’è un’urgenza e siamo una moltitudine a sollevare l’attenzione: serve un cambiamento culturale profondo, che parta dall’educazione ma che coinvolga anche media, istituzioni e comunità educante. Solo così potremo costruire relazioni sane, rispettose e libere dalla violenza.