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Il voto sull’Omnibus I apre una nuova maggioranza con l’estrema destra 

Con 382 voti a favore, 249 contrari ed una nuova maggioranza politica, il Parlamento Europeo ha approvato il pacchetto Omnibus I che include la direttiva Due Diligence (CSDDD). Ma a quale prezzo? 

Nella giornata del 13 novembre, la maggioranza che sostiene la Commissione Europea si è spaccata sul voto all’Omnibus I.  

Prima di proseguire: cos’è l’omnibus? È lo strumento legislativo capace di modificare contemporaneamente più atti giuridici. Nel mirino di questa procedura sono finite le norme di sostenibilità aziendale. Si tratta di un pilastro importante del green deal europeo ma soprattutto sono norme che servono ad evitare che le aziende europee sfruttino lavoratori in paesi terzi o inquinino impunemente. Percorso che, noi di ActionAid, seguiamo ormai da molti anni.  

Non è la prima volta che questa spaccatura politica avviene. Tuttavia, in questo caso, ha un sapore diverso.  

In primo luogo, la nuova alleanza del 13 novembre segna l’avvio formale di questa discutibile procedura Omnibus che, a quanto pare, sarà il primo di una lunga serie.  

Alcuni giuristi hanno già evidenziato come un meccanismo di revisione sistematica di pezzi di legislazione già in vigore, come l’Omnibus appunto, potrebbe risultare in contrasto con i principi fondamentali della UE. Inoltre, dubbi sul ricorso a questa procedura sono altresì stati evidenziati tramite la denuncia che numerose ONG europee hanno fatto, al punto da spingere l’Ombudsman europeo ad avviare un’indagine sulle modalità di preparazione di questo primo pacchetto.  

Diamo dunque per assodata la discutibilità dello strumento.  

Ma Il valore del voto, tuttavia, non si esaurisce con l’avvio della procedura. Le modalità negoziali condotte per arrivare all’approvazione chiariscono, a chi non lo avesse ancora compreso, il metodo.  

Nel nuovo Parlamento europeo le modalità negoziali sono definitivamente cambiate. Nulla a che vedere con il passato. Il Partito Popolare Europeo – PPE-  ha, per tutta la durata della negoziazione, utilizzato la pericolosa minaccia del sostegno dell’estrema destra come strumento per costringere i socialisti ad accettare revisioni al ribasso della normativa. Cosa che si è poi puntualmente verificata.  

Modalità negoziali dunque basate sulla minaccia e la volontà di imporre un testo, piuttosto che sul dibattito, sul confronto e sull’ascolto. Sulla deregolamentazione non si discute, questo sembra essere il mantra. Un effetto Trump su scala europea.   

L’elemento più preoccupante di questa vicenda è la caduta del c.d. cordone sanitario al Parlamento europeo, ovverosia la regola che prevede l’isolamento delle forze di estrema destra dalla presa di decisioni politiche.  

Dall’inizio dell’attuale legislatura non è la prima volta che il PPE ottiene il sostegno dell’estrema destra. Si tratta, tuttavia, della prima volta che si configura una nuova maggioranza, senza i socialisti e con il sostegno della destra estrema (la maggioranza c.d. Ursula, è composta da PPE, S&D e Renew).  

Fra l’altro, così facendo, il PPE ha pubblicamente rotto la promessa in cui diceva che non ci sarebbe mai stata una collaborazione con queste forze.  

Il negoziatore di questo file per i Socialisti, René Repasi, parlando della caduta del cordone sanitario, ha evocato lo spettro degli anni ’30, quando i conservatori ruppero con i socialdemocratici in Germania ed entrarono nel governo con i nazisti aprendo la porta a Hitler ( L’articolo, pubblicato su Politico.eu è disponibile a questo link)

Il voto del 13 dunque, l’inizio simbolico di una maggioranza a trazione conservatrice con il sostegno dell’estrema destra?  

Dipenderà da quanto e per quanto tempo le forze che sostengono l’attuale maggioranza saranno disposte ad accettare questo clima. La legislatura è appena iniziata e all’interno dei socialisti le spaccature sono già evidenti.  

Tutto lascia pensare, ad ogni modo, che questo voto segni un prima e un dopo.  

Rimane, tuttavia, in piedi la domanda più importante, ovverosia: perché la Commissione ha deciso di fissare tra le priorità politiche la messa in discussione di gran parte del lavoro fatto negli scorsi cinque anni? E, soprattutto, perché ha deciso di farlo a partire dalle politiche di sostenibilità aziendale? 

Bisogna ricordare che, le norme sulla sostenibilità, lo dice l’ISTAT, contribuiscono a favorire una relazione positiva con la produttività. Non sono un costo, dunque, ma un valore aggiunto. 

E i cittadini, cosa ne pensano? L’85% delle persone intervistate è favorevole a norme più stringenti. Il sondaggio è stato presentato dalla Campagna impresa 2030 nel corso di un evento proprio al Parlamento europeo, che si affianca ai sondaggi già svolti a livello europeo che vanno nella stessa direzione.

E allora per quale motivo, date queste premesse, l’UE ha avviato una procedura che rischia di mettere in discussione la propria credibilità? 

Per comprenderlo, bisogna dare un’occhiata agli interessi che sostengono questa richiesta. E preoccuparci un bel po’ del peso che riescono ad esercitare.  

Poche settimane dopo la vittoria elettorale di Trump, la controffensiva alle politiche climatiche e di sostenibilità su scala globale ha avuto inizio (ne avevamo parlato qui).  

Ma in realtà la contro offensiva era già iniziata. Nel corso della precedente legislatura la direttiva Due Diligence – CSDDD è risultata essere al secondo posto per numero di emendamenti ricevuti, con oltre 13.000 interventi.  

Da una recentissima analisi condotta da SOMO (L’analisi è disponibile a questo link)  emerge che il gigante americano del petrolio e del gas, ExxonMobil, ha rappresentato una forza trainante dietro lo svuotamento della CSDDD, esercitando pressioni sui governi dell’UE affinché abolissero o indebolissero gravemente la direttiva già nel settembre 2024. Ben prima che la Commissione annunciasse che avrebbe sviluppato una proposta omnibus che avrebbe svuotato la legge. 

Ma possiamo andare anche oltre. La dichiarazione congiunta UE-USA sui dazi, dell’agosto 2025, dedica l’intero 12esimo punto, su 19, proprio alla direttiva due diligence, chiarendo che: “ L’UE si impegna ad adoperarsi affinché le direttive (CSDDD  e CSRD) […] non comportino restrizioni indebite al commercio transatlantico”.  

Ecco che i diritti improvvisamente diventano “restrizioni indebite al commercio transatlantico”.  

E ancora, alla fine di ottobre 2025, i ministri dell’energia Usa e del Quatar hanno scritto una lettera nella quale esprimevano “profonda preoccupazione per la continua mancanza di azioni volte ad affrontare le preoccupazioni universalmente riconosciute, gravi e legittime sollevate dalla comunità imprenditoriale globale in merito alla direttiva sulla due diligence in materia di sostenibilità delle imprese (CSDDD). In particolare, le sue conseguenze indesiderate sulla competitività delle esportazioni di GNL e sulla disponibilità di energia affidabile e accessibile per i consumatori dell’UE”.4 

Si potrebbe continuare a lungo ma ci fermiamo qui. Multinazionali del petrolio e paesi esportatori dunque.  

Allora ecco che, utilizzando la lente delle ingerenze esterne e degli interessi di poche ma potentissime corporation e di alcuni paesi, molte cose si chiariscono: il modello europeo è sotto attacco.  

Forse, ce ne accorgiamo oggi più che mai, questo file ha sempre fatto paura ad alcuni. Stavano solo aspettando il momento giusto per alzare la posta in gioco. 

Questa pesante presa di posizione dimostra che sono proprio le politiche di questo tipo che sono capaci di contribuire a ridurre le disuguaglianze e favorire un modello di giustizia sociale ed ambientale che la maggioranza dei cittadini pretende.  

Noi continueremo a opporci con tutte le nostre forze a un modello basato sull’ingiustizia e sull’impunità.  

Per questo, ci troviamo oggi a batterci per dimostrare all’UE che si sta facendo sfuggire una grande occasione di giustizia e che derogare ai propri principi significa colpire duramente la struttura comunitaria. Costruire un mercato unico senza diritti non è possibile.  

La risposta cieca e violenta di questi interessi dimostra quanto essi temano le politiche di sostenibilità, quelle ambientali e ogni altra politica capace di favorire il benessere delle persone e del pianeta, non solo quello degli azionisti.  

Proprio quelle politiche di cui l’Unione Europea, seppur piene di lacune e debolezze, si è fatta portatrice in questi anni.  

Difendere la portata di queste politiche vuol dire difendere un certo ideale di Europa e battersi contro il colpo di coda di un modello estrattivista, indifferente delle ricadute sulle persone e sull’ambiente.  


Il sondaggio della Campagna impresa 2030 è disponibile sulla pagina della Campagna Impresa 2030, a questo link
L’evento del 23 settembre è stato trasmesso in diretta su Collettiva e sono intervenuti numerosi europarlamentari italiani. È disponibile a questo link
Il testo della dichiarazione congiunta UE-Usa è disponibile qui
La lettera congiunta USA – Quatar si trova a questo link   

Cristiano Maugeri
Programme Developer - Area Diseguaglianze globali

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