La situazione è critica, bisogna intervenire subito
Dopo 11 settimane di completo blocco degli aiuti a Gaza, le autorità israeliane hanno autorizzato temporaneamente il 18 maggio la ripresa della consegna limitata di aiuti da parte delle Nazioni Unite. Circa 198 camion sono entrati nella Striscia di Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom trasportando beni di prima necessità, ma solo 90 carichi sono stati raccolti dalle organizzazioni umanitarie per la distribuzione. La situazione è gravissima: solo una parte degli aiuti è stata effettivamente distribuita, ostacolata da condizioni di insicurezza, autorizzazioni negate e percorsi impraticabili.
Avevamo già diramato un comunicato stampa sui limiti agli interventi delle organizzioni umanitarie, lo puoi rileggere qui, e la situazione purtroppo resta estremamente preoccupante. Secondo le Nazioni Unite, più del 90% delle famiglie a Gaza vive in condizioni di insicurezza idrica, mentre il sistema sanitario e alimentare è al collasso. Persistono gravi carenze di beni essenziali nei mercati locali; alcuni prodotti, come uova e carne congelata, sono completamente esauriti, mentre quelli ancora disponibili hanno prezzi esorbitanti (fonte: OCHA, UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs).
“Acquistare e conservare verdure è diventato estremamente difficile. Non ci sono valichi aperti né fornitori che portino prodotti nella Striscia di Gaza: dipendiamo interamente dall’agricoltura e dal mercato locale. La domanda è altissima.” Questa è la testimonianza di un membro dello staff della Wefaq Society for Women and Child Care, nostro partner a Gaza.
Le Nazioni Unite hanno chiesto la piena ripresa di una consegna rapida, sicura e senza ostacoli degli aiuti umanitari ai civili a Gaza, presentando un piano pratico e basato su principi per salvare vite e distribuire gli aiuti su larga scala, ribadendo il rispetto dei principi umanitari fondamentali e non negoziabili.
Quasi 11.000 donne incinte sono a rischio di carestia, mentre altre 17.000 donne in gravidanza o in allattamento necessiteranno cure urgenti per malnutrizione acuta nei prossimi mesi (fonte: UNFPA Palestine).
Operazioni militari e conseguenze umanitarie
Dallo scorso marzo, le forze israeliane hanno intensificato i bombardamenti aerei, terrestri e navali sull’intera Striscia di Gaza, ampliando le operazioni di terra. Questo ha provocato un aumento delle vittime, la distruzione delle infrastrutture civili e lo sfollamento massiccio della popolazione (fonte: OCHA, UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs).
Un totale di 174.526 strutture sono state danneggiate. Secondo l’analisi di The United Nations Environment Programme, ci vorranno 22 anni per rimuovere tutti i detriti.
Zone militarizzate e sfollamenti
Attualmente, l’81% del territorio della Striscia di Gaza è ricompreso in zone militarizzate israeliane o soggetto a ordini di sfollamento.
I bombardamenti si sono intensificati nel Nord di Gaza, Khan Younis e Deir al Balah, con attacchi contro tende di sfollati interni e abitazioni civili. Colpi recenti nella zona di Al Mawasi hanno provocato numerose vittime, tra cui molti bambini e i loro genitori (fonte: OCHA, UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs).
Dalla ripresa delle ostilità il 18 marzo, si stima che poco meno di 600 mila persone (29% della popolazione) siano state nuovamente sfollate, incluse 161.000 persone solo tra il 15 e il 21 maggio.
Inoltre, non è solo Gaza a soffrire, ma oramai tutta la Palestina.
In Cisgiordania, persistono livelli senza precedenti di violenza, demolizioni di case e restrizioni severe alla libertà di movimento.
Agricoltura e sicurezza alimentare
Non meno preoccupante la situazione ambientale. Gli effetti dei mesi di bombardamenti si notano pesantemente anche sui raccolti.
Meno del 5% della superficie agricola della Striscia è ancora coltivabile, compromettendo ulteriormente la produzione alimentare e aggravando il rischio di carestia. Oltre l’80% dei terreni agricoli è stato danneggiato ed è quasi totalmente inaccessibile ai coltivatori. Stando così le cose meno del 5% dei terreni restano coltivabili. La situazione più preoccupante si registra a Rafah, dove di fatti non ci sono terreni agricoli accessibili, come sottolinea la FAO.
La risposta di ActionAid Palestina
Nonostante le enormi difficoltà, ActionAid Palestina e i suoi partner locali sono riusciti a riprendere alcune attività essenziali, facendo affidamento sulle risorse disponibili nel mercato locale. Si cerca di fornire alle persone sfollate:
- Kit igienici e kit per la dignità,
- Articoli per rifugi di emergenza,
- Servizi di protezione,
- Supporto psicosociale alle comunità colpite dal conflitto nella Striscia di Gaza.
I nostri partner stanno operando in condizioni estremamente complesse: le risorse sono limitate, i prezzi aumentano ogni giorno e la sicurezza resta una sfida costante.

La comunità internazionale deve agire adesso
Le Nazioni Unite hanno lanciato un appello per un accesso rapido, sicuro e senza ostacoli agli aiuti. Ci uniamo a queste richieste chiedendo la fine immediata del blocco umanitario, la protezione dei civili e del personale umanitario e il finanziamento urgente degli interventi di emergenza.