🍪 Policy

Questo sito utilizza cookie tecnici per migliorare la tua navigazione e cookie di analisi statistica di terze parti. I cookie di analisi possono essere trattati per fini non tecnici da terze parti.

Se accetti di navigare in questo sito, acconsenti all’uso di tutti i cookie e, in particolare, per permetterci di usare cookie di profilazione per aggiornarti sulle nostre attività in maniera personalizzata.

Se vuoi saperne di più Clicca qui.

FGM: stop alle mutilazioni genitali femminili | ActionAid FGM: stop alle mutilazioni genitali femminili | ActionAid

FGM: stop alle mutilazioni genitali femminili

Diamo voce alle donne che non hanno voce.

Le mutilazioni genitali femminili sono una delle più gravi forme di violenza sulle donne e sulle bambine e costituiscono una violazione dei diritti umani in tutto il mondo.

La situazione generale

Si stima che, in tutto il mondo, almeno duecento milioni di donne e ragazze abbiano subito le mutilazioni genitali femminili e di questo passo rischiano di subire queste pratiche 63 milioni di ragazze da qui al 2050 (dati UNICEF 2016).

Di questi, circa la metà vive in appena tre Paesi: Indonesia, Egitto ed Etiopia.

Negli ultimi trent’anni circa, c’è stata una diminuzione dell’incidenza delle FGM (female genital mutilations) e sono diverse le legislazioni nazionali che le vietano. Nonostante questo in alcuni paesi è una pratica ancora troppo diffusa, seppur illegale.

La situazione in Asia

  • In Indonesia, il 49 per cento delle bambine (fino a 14 anni di età) ha subito le mutilazioni genitali femminili.
  • Nello Yemen, il 19 per cento delle donne e delle ragazze (età compresa tra 15 e 49 anni) e il 15 per cento delle bambine (fino ai 14 anni di età) ha subito le FGM.
  • In Iraq, l’otto per cento delle bambine (fino a 14 anni di età) ha subito le mutilazioni genitali.

Come si evince dai dati, le FGM riguardano tutta l’Asia: le mutilazioni sono praticate, anche se in misura minore rispetto a questi tre Paesi, anche in India, Malesia, Oman, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

Cause e conseguenze

Non sono ancora ben chiare le origini e le motivazioni che portano al perpetrarsi di questa pratica. Secondo la teoria più accreditata, le FGM sarebbero un modo per preservare la “purezza” della donna prima del matrimonio. Nelle comunità dove le mutilazioni sono socialmente accettate, chi si rifiuta di praticarle o di subirle è emarginato e additato come “indesiderabile”.

Le conseguenze delle FGM sono spaventose: rapporti sessuali difficoltosi o molto dolorosi; possibili cistiti, ritenzione urinaria, infezioni vaginali; problemi e complicanze durante il parto (che possono causare il decesso del bambino e della madre); grave trauma psicologico. Nei casi più gravi, le mutilazioni possono portare alla morte della ragazza a seguito di grave emorragia post-operatoria, date anche le condizioni precarie e di totale mancanza di igiene in cui vengono eseguite.

  • In Iraq, l’88 per cento delle donne e delle ragazze (età compresa tra 15 e 49 anni) ha avuto maggiori informazioni sulle FGM e pensa che tale pratica vada debellata.
  • Nello Yemen, il 75 per cento delle donne e delle ragazze (età compresa tra 15 e 49 anni) vuole che la pratica delle mutilazioni genitali femminili abbia termine.

Questi due numeri non devono sembrare banali. Perché la FGM, nelle comunità in cui sono praticate, non vengono viste come quello che sono, ovvero una pratica disumana. Invece, vengono considerate come normali. Anche dalle donne che le subiscono o le praticano.

Questi due numeri ci dicono che, progressivamente, le donne in Asia stanno cominciando ad acquisire consapevolezza di cosa siano effettivamente le mutilazioni genitali femminili. E questo è il primo passo per debellarle una volta per tutte dal continente asiatico.

ActionAid lotta contro le mutilazioni genitali femminili non solo in Asia, ma anche in Europa con il progetto Fight for Women. I risultati attesi del progetto sono una maggiore capacità per ragazze e donne migranti di rifiutare tali pratiche, grazie anche all’avvenuta conoscenza dei propri diritti e in generale una maggiore conoscenza del tema da parte di cittadini e governanti europei.

DATI: Unicef | Nazioni Unite

Condividi sui social:

Segui il cambiamento
Lasciaci la tua email