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Il tariffario: 300 euro per il taglio del clitoride. | ActionAid Il tariffario: 300 euro per il taglio del clitoride. | ActionAid

Il tariffario: 300 euro per il taglio del clitoride.

Le ex tagliatrici si raccontano a Milano.

I numeri fanno rabbrividire. Al mondo sono 200 milioni le donne e le adolescenti di età compresa tra i 15 e i 49 anni che hanno subito mutilazioni genitali femminili (Mgf). Dal fenomeno non è esente neppure l’Italia. Secondo uno studio condotto nell’ambito del progetto europeo Daphne Mgf e coordinato dall’Università degli Studi di Milano – Bicocca nel nostro Paese «il numero di donne straniere maggiorenni con mutilazioni genitali femminili si attesterebbe tra le 46mila e le 57mila unità». Dati e statistiche verranno diffusi e discussi giovedì 2 febbraio durante l’incontro «Uncut – La lotta delle donne contro le mutilazioni genitali femminili», organizzato da ActionAid a Milano.

SUCCEDE ANCHE IN ITALIA
Sul fenomeno un database vero e proprio non esiste seppure sia stato chiesto al Parlamento di agire in fretta. La legge 9 gennaio 2006 n.7, infatti, non solo punisce con il carcere da 3 a 12 anni chi pratica il «taglio», ma prevede anche cinque milioni di euro l’anno per indagini sulla diffusione del fenomeno in Italia, campagne informative e corsi di formazione per docenti e mediatori. «Dal 2006 sono stati però stanziati solo 6,5 milioni e, dal 2012, con la spending review, i finanziamenti sono scomparsi», dice la giornalista Emanuela Zuccalà autrice del documentario «Uncut» (qui il documentario in formato multimediale pubblicato su Corriere.it) che sarà proiettato durante la conferenza di domani. Tuttavia, le iniziative per arginare il fenomeno Mgf non mancano, almeno a livello locale. Secondo una ricerca contenuta nel progetto «Uncut», «in Piemonte il coordinamento regionale dei consultori ha organizzato otto corsi di formazione nelle aziende sanitarie», sostiene Zuccalà che sull’argomento ha scritto articoli pubblicati su Corriere.it. Zuccalà aggiunge: «All’ospedale Burlo Garofolo di Trieste di recente si è concluso un progetto da 80mila euro che ha coinvolto le associazioni di migranti africani in Friuli Venezia Giulia. «Stimiamo 500 bambine a rischio nella regione» ha spiegato il responsabile di ginecologia, Salvatore Alberico. E ha quantificato: «Ogni anno eseguiamo 2/3 interventi di de-infibulazione: si fanno in day-hospital. La paziente può scegliere tra l’anestesia locale e quella generale. Non si tratta solo di ricostruire una normalità anatomica per donne affette da infezioni pelviche, cisti ricorrenti e, nei casi più gravi, fistole retto-vaginali. C’è un intero tessuto emotivo da riparare». «In Italia abbiamo avuto notizie di MGF praticate illegalmente - approfondisce Laila Abi Ahmed, 49enne somala, presidente dell’associazione Nosotras di Firenze -, in particolare il taglio del clitoride e delle piccole labbra, al costo di 300-500 euro. L’infibulazione invece non viene praticata: troppo complicata e pericolosa». Il problema delle Mgf è dunque presente e non sono rari i casi di bimbe che durante le vacanze vengono portate nei Paesi di origine per essere «tagliate». 

DALL'EGITTO ALLA NIGERIA: I NUMERI
Secondo l’ultimo report Unicef pubblicato nel 2016, in base ai dati disponibili, la mutilazione genitale risulta un’usanza comune in 30 Paesi del mondo, di cui 27 si trovano nel continente africano. Una tradizione che affonda nei secoli e poco ha a che vedere con la religione, inclusa quella musulmana. Ha il valore di un sigillo di castità e rispettabilità. Una pratica da sconfiggere direttamente sul territorio di origine, come intende fare ActionAid che sta lavorando in nove Paesi africani (Etiopia, Ghana, Kenya, Liberia, Senegal, Sierra Leone, Somaliland, Gambia, Uganda). In Somalia e Somaliland, quasi tutta la popolazione femminile (il 98%) ha subìto una mutilazione genitale e nella forma più cruenta dell’infibulazione. Secondo i dati diffusi nel 2016 dall’Unicef, percentuali altissime registrano anche Guinea (97%), Gibuti (93%), Sierra Leone (90%), Mali (89%), Sudan (88%), Eritrea (83%) ed Egitto (87%). Se invece si guardano i dati assoluti, è l’Egitto la capitale mondiale delle Mgf con 27,2 milioni di vittime stimate. Al secondo posto l’Etiopia con 23,8 milioni seguita dalla Nigeria con 19,9 milioni. Una ferita difficile da far cicatrizzare. 

LE CONFESSIONI DELLE EX TAGLIATRICI
«Per tamponare il sangue usavo erbe e sterco di vacca» testimonia Kimuntet Kaise in Kenia, una ex «tagliatrice» masai (etnia dove la percentuale di Mgf è al 73% contro il dato nazionale del Kenya al 21%) nel documentario «Uncut» che sarà presentato domani. Emanuela Zuccalà e la fotografa Simona Ghizzoni hanno soggiornato in villaggi sperduti in Somaliland, Kenya e Etiopia per dar voce alle giovani costrette con la forza ad accettare un rito basato sull’ignoranza, lontano da razionalità e conoscenze mediche e dove hanno incontrato «donne combattive», con l’obiettivo di «dare voce, oltre che alla sofferenza provocata dalla mutilazione genitale, al loro coraggio di opporsi a una tradizione millenaria che le fa ingiustamente sfiorire nel corpo e nel ruolo sociale». Non c’è sangue in «Uncut», ma la sofferenza è nelle parole e nei volti delle protagoniste: bimbe violentate, un’adolescente scappata dal suo villaggio per evitare «il taglio» e di andare in sposa, mamme che ricordano con «rabbia» il giorno in cui sono state violate e il dolore del rapporto sessuale nella prima notte di nozze. E ci sono loro, le ex tagliatrici («un lavoro che rendeva bene», dicono tutte) appunto, che confessano di aver usato spine e aghi di rovo per cucire le loro vittime, nel caso migliore usavano lamette, ma nessun anestetico. 

I FALSI MITI
«Il taglio» sottintende l’ineguaglianza tra uomo e donna e l’ossessione per il controllo della sessualità femminile. E sono tanti i miti che girano intorno alla Mgf, come racconta nel dettaglio il progetto «Uncut» che, oltre al documentario che sarà proiettato domani, è anche un webdoc e una mostra fotografica. I Nyaturu della Tanzania, per esempio, pensano che la malattia lawalawa (un’infezione del tratto urinario) sia una maledizione degli antenati, estirpabile solo attraverso la mutilazione. Sempre in Tanzania, nel distretto di Tarime, alle ragazze non tagliate è proibito aprire i recinti delle vacche poiché porteranno sfortuna a chi vi entrerà dopo di loro. In certe comunità del Ghana si dice che il clitoride della partoriente renderà cieco il neonato, mentre nelle foreste della Costa d’Avorio si crede che il clitoride racchiuda in sé un grande potere, che va estirpato dal corpo femminile per essere donato agli spiriti. 

#endFGM
In occasione della Giornata Mondiale contro le Mutilazioni Genitali Femminili, ActionAid corre anche sui social con I numeri fanno rabbrividire. Al mondo sono 200 milioni le donne e le adolescenti di età compresa tra i 15 e i 49 anni che hanno subito mutilazioni genitali femminili (Mgf). Dal fenomeno non è esente neppure l’Italia. Secondo uno studio condotto nell’ambito del progetto europeo Daphne Mgf e coordinato dall’Università degli Studi di Milano – Bicocca nel nostro Paese «il numero di donne straniere maggiorenni con mutilazioni genitali femminili si attesterebbe tra le 46mila e le 57mila unità». Dati e statistiche verranno diffusi e discussi giovedì 2 febbraio durante l’incontro «Uncut – La lotta delle donne contro le mutilazioni genitali femminili», organizzato da ActionAid a Milano. 

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L'APPUNTAMENTO
L’incontro di giovedì 2 febbraio, «Uncut – La lotta delle donne contro le mutilazioni genitali femminili», si svolgerà a Palazzo Marino (piazza della Scala 2, Sala Alessi) alle ore 11:00
ed è promosso da ActionAid, dall’Associazione Culturale Zona e dalla Commissione Pari opportunità e diritti civili del Comune di Milano. Moderatrice sarà Luisa Pronzato, di 27ora-Corriere della Sera; parteciperanno Pierfrancesco Majorino (Assessore Politiche sociali, Salute, Diritti – Comune di Milano), Diana de Marchi (presidente della Commissione Pari opportunità e Diritti civili del Comune di Milano), Emanuela Zuccalà e Simona Ghizzoni (giornalista e fotografa, autrici del documentario «Uncut»), Renata Ferri (giornalista, photoeditor di IO Donna, mediapartner di Uncut), Livia Ortensi (demografa e ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca), Barbara Grijuela (Responsabile Centro Salute e Ascolto per le donne straniere e i loro bambini, degli ospedali San Paolo e San Carlo Milano), Rossana Scaricabarozzi (Responsabile Programma Diritti delle donne, ActionAid Italia), Sara Sayed (Progetto Aisha), Sumaya Abdel Qader (consigliera al Comune di Milano), Anna Scalfati (giornalista, Direttivo della rete «Giulia»). Seguirà il dibattito con il pubblico.

(foto di Simona Ghizzoni/Uncut)

Fonte: 27esimaora.corriere.it

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