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In un mondo in cui una persona su tre è malnutrita e in cui il numero di affamati è passato da 777 milioni del 2015 a 815 milioni di persone nel 2016, l’obiettivo “Fame zero” contenuto nell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile, che stabilisce di sradicare la fame e la malnutrizione in tutte le forme entro il 2030, non potrà essere raggiunto a meno che non si intervenga tempestivamente con un radicale cambio di paradigma del sistema di produzione e distribuzione alimentare, in favore di modelli più democratici, inclusivi e sostenibili.

Alla vigilia del “Global Nutrition Summit 2017”, che si tiene a Milano il 4 novembre con l’obiettivo di favorire un confronto fra governi, società civile e stakeholders sui prossimi impegni da intraprendere per affrontare il problema della malnutrizione a livello globale, lanciamo “Nutrition at stake”, il rapporto che individua quattro azioni chiave da mettere in campo per sconfiggere la fame entro il 2030.

Quattro azioni chiave per sconfiggere la fame. | ActionaAid

In primo luogo, i governi devono sostenere la transizione verso modelli agro-ecologici e rafforzare i sistemi alimentari locali partecipati. La fame, infatti, non è un problema di quantità ma di accesso. L’agro-ecologia promuove un approccio complessivo alla produzione di cibo mirato a preservare la ricchezza dei suoli e degli ecosistemi, combinando tradizione, innovazione e scienza per trarre benefici dall’ambiente e mirando a promuovere relazioni eque tra tutti gli attori coinvolti nella produzione e consumo del cibo.

In secondo luogo, i governi devono mettere al centro della loro azione di contrasto alla fame e alla malnutrizione i diritti delle donne, a partire dall’accesso alla terra e alle risorse naturali. La FAO sostiene infatti che, se le donne avessero lo stesso accesso degli uomini alle risorse produttive, i raccolti aumenterebbero del 20-30%, determinando un incremento della produzione agricola nei Paesi in via di sviluppo tra il 2.5% e il 4%, che si tradurrebbe in una riduzione del numero degli affamati tra i 100 e i 150 milioni di persone.

Altro passo importante è la limitazione dell’indebita influenza delle multinazionali dell’agribusiness nel sistema di produzione e distribuzione alimentare. Gli impatti negativi di questo fenomeno non si fanno sentire solo sulla produzione, ma anche nel consumo, attraverso, ad esempio, la commercializzazione di cibo e bevande ad alto contenuto di zucchero e sale che favoriscono abitudini alimentari poco sane, causa di sovrappeso e obesità. E’ quindi necessario che i governi garantiscano il rispetto dei diritti umani da parte delle grandi imprese attraverso l’elaborazione di regole vincolanti.

È infine fondamentale la promozione della democrazia alimentare e l’accountability a tutti i livelli, a partire dalla governance internazionale, assicurando che il Comitato Mondiale per la Sicurezza Alimentare (CFS) rimanga il principale organo di controllo e monitoraggio di tutte le iniziative globali per la lotta alla fame e alla malnutrizione.

Scarica il rapporto

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