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Assemblea Generale 2025

Giustizia economica e cancellazione del debito 

Si è appena conclusa la quarta conferenza ONU Financing for Development (FFD4), un appuntamento che si tiene solo una volta ogni dieci anni e che quest’anno avrebbe potuto segnare un punto di svolta storico. Ma l’Outcome Document finale adottato dai governi ha lasciato l’amaro in bocca: nessuna risoluzione concreta per porre fine alla crisi del debito globale

I Paesi ricchi hanno scelto di ignorare – o annacquare – le richieste pressanti della società civile e dei governi del Sud globale: la cancellazione del debito sovrano e l’adozione di una nuova Convenzione ONU sul Debito

Per noi di ActionAid è stata anche un’occasione di riflessione. Un momento per fare il punto sul lavoro della nostra Federazione e su come continuare la strada verso un mondo più equo e giusto per tutte e tutti.  

Durante l’ultima settimana di giugno, oltre 100 rappresentanti della Federazione si sono riuniti a Siviglia per l’Assemblea Generale 2025 di ActionAid, un momento di confronto orientato all’esterno che si è concluso con la partecipazione collettiva al Pride del 28 giugno. In parallelo, in 20 Paesi del Sud globale si sono svolti dialoghi nazionali per costruire alternative economiche più giuste. Il Forum si è aperto con un impegno condiviso: guidare con coraggio, creatività e chiarezza d’intenti. 

Sono stati affrontati temi cruciali come lo spazio civico in contrazione, il modello economico rotto, la militarizzazione e la disinformazione digitale. È stata rilanciata la leadership femminista come strumento politico e si è rafforzata la volontà di costruire un cambiamento attraverso strategie coraggiose e fondate sul racconto collettivo. 

Sapevi che ActionAid lavora secondo 10 principi di leadership femminista? Puoi scegliere anche tu di provare ad applicarli nella tua vita.  

Il Women Directors’ Forum, che ha visto la partecipazione delle direttrici da tutta la federazione, ha riaffermato la centralità dell’analisi femminista e della leadership intersezionale, sottolineando l’urgenza di contrastare i crescenti attacchi globali ai diritti delle donne. 

Le giornate finali sono state segnate da una forte presenza pubblica: abbiamo partecipato al Pride di Siviglia sotto lo slogan “Our Pride is Human Rights – Stop Gaza Genocide” e abbiamo guidato, insieme alla società civile internazionale, la marcia Cancel the Debt, Change the Systemalla vigilia della conferenza ONU Financing for Development (FFD4). 

A Siviglia, uniti per la giustizia e la libertà  | ActionaAid

A Siviglia la Federazione si è ritrovata, si è ascoltata, si è riconosciuta nella sua capacità di guidare con coraggio e cura. 

Katia Scannavini, nostra Co-Segretaria Generale insieme a Lorenzo Eusepi, ha voluto condividere con noi un messaggio che riflette il senso profondo di questo momento storico e politico: 

“A Siviglia abbiamo respirato la forza della nostra Federazione come corpo vivo e politico, che marcia per i diritti e prende parola con coraggio. Abbiamo camminato insieme al Pride per affermare che la libertà è una sola, e che dove si attaccano i corpi e le identità, si spezzano anche le possibilità di futuro. 

Nel ribadire i nostri principi di leadership femminista si è accesa una scintilla potente: la consapevolezza che guidare con cura, trasparenza e responsabilità collettiva non è solo un modo di stare al mondo, ma un atto politico
Abbiamo detto che non arretreremo: perché ogni passo che facciamo, lo facciamo per e con le nostre comunità. Perché in un sistema che alimenta ingiustizie e concentra potere, la nostra risposta è una leadership che mette al centro la relazione, il dubbio, la trasformazione. 

Siviglia ha rafforzato la consapevolezza che, come Federazione, il nostro impatto nasce dall’alleanza tra il coraggio di resistere, la capacità di immaginare e la volontà di agire insieme. Perché senza giustizia, non c’è pace. E senza pluralità, non c’è libertà.” 

Un richiamo potente alla responsabilità collettiva della società civile, in un tempo storico in cui i diritti conquistati possono essere rimessi in discussione, in cui il rischio che la storia si ripeta è concreto. Di fronte a un sistema che rafforza disuguaglianze e reprime le libertà, agire come comunità coesa, consapevole e visionaria è più urgente che mai. 

Oggi, oltre il 75% dei Paesi a basso reddito spende più per il rimborso del debito che per la sanità, e oltre la metà più del debito che per l’istruzione. Questa spirale blocca lo sviluppo e colpisce in particolare donne e ragazze, già esposte a gravi disuguaglianze. E’ da questo dato inconfutabile che dobbiamo ogni giorno ripartire nel nostro lavoro con le comunità in tutti i Paesi dove interveniamo. 

Per questo, in seguito alla conferenza ONU Financing for Development (FFD4), rilanciamo un appello urgente: cancellare il debito, riformare il sistema finanziario globale e mettere al centro giustizia economica, climatica e di genere. 

L’attuale architettura economica globale, costruita attorno a FMI e Banca Mondiale, esclude il Sud globale dalle decisioni più critiche e perpetua dinamiche di potere coloniali. Serve un nuovo sistema, guidato dalle Nazioni Unite, dove i diritti umani contino più dei profitti. 

Il legame tra crisi climatica e debito è diretto: molti Paesi sono costretti a sfruttare risorse inquinanti per ripagare i debiti, aggravando l’emergenza ambientale e sacrificando l’adattamento ai cambiamenti climatici. 

Un nostro recente rapporto, “Who Owes Who?”, ha evidenziato come i Paesi ricchi e altamente inquinanti abbiano un debito climatico verso i Paesi a basso reddito pari a 107 mila miliardi di dollari – oltre 70 volte il debito estero complessivo di questi Paesi. Un’ingiustizia che va sanata urgentemente. 

In questo contesto si inserisce la nostra campagna Fund Our Future, una campagna globale con la quale chiediamo la fine dei finanziamenti pubblici ai combustibili fossili e all’agricoltura industriale, promuovendo investimenti in sistemi energetici e alimentari giusti, sostenibili e guidati dalle comunità. Il nostro obiettivo resta quello di garantire un futuro equo per le persone e il pianeta.  

La crisi del debito inoltre colpisce in modo sproporzionato donne e ragazze, in particolare quelle razzializzate, migranti, indigene, con disabilità e LGBTQIA+. Nei contesti di tagli ai servizi pubblici, sono spesso loro a dover colmare i vuoti lasciati dallo Stato, svolgendo lavoro domestico e di cura non retribuito. In questo modo, le donne finiscono per sovvenzionare con il proprio tempo e lavoro un sistema che le esclude e le sfrutta. 

Sosteniamo fermamente che non ci può essere transizione economica, ecologica o sociale senza mettere le alternative femministe al centro delle politiche economiche. 

  • Cancellare il debito dei Paesi a basso reddito, anche come forma parziale di riparazione per il debito climatico.  
  • Istituire un meccanismo di gestione del debito guidato dall’ONU, con sospensione automatica dei pagamenti in caso di crisi.  
  • Riconoscere e ridistribuire il lavoro di cura, mettendo le alternative femministe al centro.  
  • Riformare il sistema finanziario globale, con piena rappresentanza democratica, giustizia climatica e di genere.  
  • Investire in servizi pubblici universali e smettere di anteporre i profitti dei creditori alla dignità delle persone. 


Scarica i nostri report: Who Owes Who?, The Human Cost of Public Cuts in Africa  

Photocredit: Josiah ​Mburu/​ActionAid

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