🍪 Policy

Questo sito utilizza cookie tecnici per migliorare la tua navigazione e cookie di analisi statistica di terze parti. I cookie di analisi possono essere trattati per fini non tecnici da terze parti.

Se accetti di navigare in questo sito, acconsenti all’uso di tutti i cookie e, in particolare, per permetterci di usare cookie di profilazione per aggiornarti sulle nostre attività in maniera personalizzata.

Se vuoi saperne di più Clicca qui.

Mariangela | ActionAid Mariangela | ActionAid

Mariangela

L’attività del centro antiviolenza di Padova durante la crisi Covid19.

“Ci siamo organizzate per fare colloqui e consulenze telefonicamente o via Skype, ma non sono efficaci come quelli in presenza”.

Mariangela ha 38 anni, da dieci lavora al Centro Veneto Progetti Donna Auser di Padova, di cui è attualmente Responsabile Comunicazione. In una lunga intervista telefonica ci racconta come lavora il Centro antiviolenza e cosa sta cambiando in questa fase di emergenza sanitaria.

Nel 2019 abbiamo accolto 1082 donne di tutta la provincia. Abbiamo percorsi differenziati costruiti sulle esigenze della donna che si rivolge a noi”.

Dalle statistiche sui tredici anni di vita del Centro, lo scorso anno è stato registrato un aumento esponenziale delle richieste di aiuto. Un dato che le operatrici considerano positivo, un indice che più donne hanno trovato forza e mezzi per chiedere aiuto.

“Tra le nostre attività c’è la parte di sostegno psicologico, con colloqui periodici, il servizio di accoglienza e l’orientamento lavorativo, sul quale ci siamo formate negli ultimi anni”.

Il raggio d’azione del Centro è ampio, anche grazie alla nascita a settembre 2017 della cooperativa Rel.Azioni Positive, di cui Mariangela è Presidentessa, che si occupa di attività riguardanti più in generale il benessere delle donne, il sostegno a coppie e minori, gli incontri educativi nelle scuole per fare prevenzione. Un’attività che prosegue anche adesso con la didattica a distanza.

“Per quanto riguarda la parte di accoglienza il Centro gestisce cinque case rifugio in tutta la provincia, e lo scorso anno siamo riuscite ad accogliervi trentasei donne con quarantasei minori. Tra queste, ventidue sono state accolte in emergenza”.

L’accoglienza in emergenza è un percorso a sé, come suggerisce il nome: viene avviata in caso di bisogno immediato, come può ad esempio accadere se una donna finisce al Pronto Soccorso per violenza fisica e non può rientrare a casa per motivi di sicurezza.

La questione abitativa è un punto complesso della lotta alla violenza di genere.

Già prima dell’emergenza il problema dei fondi per creare case rifugio era consistente. I finanziamenti non sono mai sufficienti per sostenere i percorsi che si fanno con le donne, nonché per attivare percorsi di educazione e prevenzione nelle scuole”.

Adesso il problema si è acuito.

“Nonostante quello che si legge, non abbiamo ricevuto disposizione da parte dei prefetti per strutture ad hoc. Dal 23 febbraio, quando è scattato il primo allarme coronavirus in Veneto, abbiamo avuto tre richieste di accoglienza in emergenza. Siamo state costrette a rivolgerci ad affittacamere e altre soluzioni temporanea, prendendoci come Centro in carico le spese. Le nostre case rifugio erano infatti già piene. C’era poi da considerare un problema di salute pubblica: non potevamo far entrare nuove persone nella stessa casa senza avere la certezza che fossero negative al Coronavirus. Abbiamo posto la questione a livello istituzionale, ma non è stata trovata una soluzione. Di qui la decisione di pagare noi soluzioni temporanee”.

Il Centro Veneto Progetti Donna Auser è uno dei centri antiviolenza che riceveranno supporto dal Fondo #Closed4Women, creato anche grazie al supporto di Fondazione SNAM, al nostro fianco in questo periodo complesso per dare un sostegno diretto dove c’è bisogno.

Il Fondo di pronto intervento è nato per permettere ai centri antiviolenza di sostenere le spese impreviste e continuare a supportare le donne assistite nell’attuale fase di emergenza causata dal COVID19 e nel periodo post-emergenza. 

“Contiamo di usare una parte del finanziamento per le spese dell’accoglienza in emergenza, una parte per la sanificazione dei locali in vista della riapertura a maggio e una parte per rimborsare le volontarie che in questo periodo ci hanno supportato per la parte di comunicazione. In questo momento era fondamentale lanciare campagne di comunicazione online per dire che ci siamo, che continuiamo ad esserci per tutte le donne che hanno bisogno”.

Il problema abitativo non è l’unica emergenza nell’emergenza. La crisi scaturita dal Coronavirus ha importanti ripercussioni economiche, che impattano in maniera maggiore sulle persone più vulnerabili, come le donne che subiscono violenza domestica.

L’empowerment economico è uno strumento fondamentale nella lotta alla violenza sulle donne. Molto spesso sono infatti le preoccupazioni economiche che rendono complesso il percorso di fuoriuscita da situazioni pericolose.

“La situazione è tragica. Noi lavoriamo molto sull’autonomia economica e aiutiamo le donne a trovare opportunità di tirocinio per inserirsi nel mondo del lavoro. Adesso la maggior parte sono stati sospesi e molte aziende ci hanno detto che sono in crisi e con lavoratori in cassa integrazione. Non pensano di poter seguire anche i tirocini. Questa situazione è terribile per chi aveva intrapreso questo passo importante verso l’autonomia. Bisognerebbe attivare un reddito di supporto almeno per questo periodo. Molte donne sono sole, con figli a carico e non riescono neanche ad ottenere il mantenimento dall’ex marito.

Faremo il possibile anche per attivare nuove formazioni. Le donne che seguiamo dovranno acquisire le competenze più richieste in questa fase, dove la domanda di lavoro sarà certamente diversa”.

Dell’importanza dell’autonomia economica è un esempio la storia di Mara (nome di fantasia) che ci racconta Mariangela:

“Mara ha 65 anni e vive con il marito che la maltratta. Da circa sei mesi ha iniziato un percorso di fuoriuscita dalla violenza con il centro antiviolenza. Riesce a chiamarci, quando il marito esce per le commissioni. Ci racconta di un clima domestico molto teso, in cui lei si sente di camminare sulle uova, ha paura di fare un passo falso per scatenare la violenza di lui. Con il lockdown inoltre lei non esce più nemmeno per fare la spesa, perché decide lui chi va, cosa comprare e anche se lei può mangiare o no. Perciò Mara spesso rimane senza cibo. La violenza non fa sempre rumore, ma dietro le porte delle nostre case molte donne stanno vivendo un inferno. Il Centro antiviolenza per lei continua ad esserci supportandola e consigliandole strategie sicure per sopravvivere a questo periodo”.

Dona per il Fondo #Closed4Women


Se hai bisogno di aiuto chiama il centro antiviolenza più vicino
www.direcontrolaviolenza.it oppure il 1522. Se ti senti in pericolo chiama il 112.
A Padova puoi contattare il numero verde gratuito 800814681.

 

Foto di repertorio, credit: Simona Ghizzoni/Zona/MAPS

Condividi sui social:

Segui il cambiamento
Lasciaci la tua email