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Tra bisogni emergenti e dati di una ricostruzione ancora incompiuta 

L’analisi di ActionAid 

A nove anni dal terremoto del Centro Italia, molte aree dell’Appennino centrale vivono ancora in una condizione di precarietà abitativa, sociale ed economica.  Nei 138 Comuni del cratere ci sono attualmente circa 20 mila persone ancora in attesa di una sistemazione definitiva e sono 2.690 le Soluzioni Abitative di Emergenza (SAE) ancora occupate.  La ricostruzione, quella delle case ma anche degli spazi pubblici, dei servizi, dei luoghi di ritrovo è invisibile, non perché non si inizino a vedere cantieri ma perché non ci sono dati aperti, consultabili e aggiornati che ne raccontino l’andamento per ciascun luogo e per ciascun intervento.  
Noi di ActionAid siamo impegnati in quei territori – in particolare tra alto Lazio e Marche centro sud – fin dal 2016 e dal 2022, grazie al programma R.E.T.I. (Riattivazione, Empowerment, Territorio, Innovazione), abbiamo continuato ad accompagnare le popolazioni colpite con interventi incentrati su prossimità, partecipazione ed empowerment comunitario. Con azioni che vanno dal supporto psicosociale, all’orientamento lavorativo, alla promozione di iniziative collettive abbiamo consolidato la presenza nei luoghi e realizzato una ricerca partecipata dei bisogni e delle risorse territoriali che ha raccolto informazioni e testimonianze per indagare la qualità di vita nei territori più colpiti andando ad approfondire i fattori che maggiormente la influenzano: disponibilità e fruizione dei servizi, bisogni e desideri della popolazione, risorse sociali e relazionali. Ne è nato un report “Ricostruire insieme: il progetto R.E.T.I. e l’ascolto dei territori a nove anni dal sisma” che restituisce quanto emerso raccontando tematiche urgenti. 

Il Centro Italia a nove anni dal sisma  | ActionaAid

Il diritto alla casa resta una delle questioni più pressanti, strettamente collegata alla ricostruzione complessiva di paesi che, in alcuni casi, sono stati distrutti completamente.  Nei comuni più colpiti, che sono 44, le SAE – spazi spesso angusti e temporanei – rappresentano ancora la principale forma di alloggio da un decennio e in alcuni di essi le SAE non vengono riassegnate a nuovi abitanti anche quando vuote.  Come racconta una residente: “La SAE è abbastanza sicura, ma quando in inverno soffia vento forte o cade molta neve ho paura. Qualche mese fa il tetto ha subito dei danni, sono dovuti intervenire i vigili del fuoco.” Persone che erano bambine quando è avvenuto il sisma oggi sono giovani che vorrebbero avere uno proprio luogo dove vivere, da sole o con una nuova famiglia, senza dover abbandonare il paese di origine.  

A questo si unisce un mercato del lavoro che sconta problemi strutturali e problematiche emerse dopo il terremoto: situazioni contrattuali precarie, sacche di sfruttamento, stereotipi di genere in entrata, opportunità poco diversificate, stipendi bassi, carenza di servizi per l’infanzia (quasi inesistenza di servizi 0-3) e di potenziamento dell’orario scolastico (tempo pieno), mobilità pubblica inadeguata. A farne le spese sono soprattutto donne e giovani. 

Il lavoro di per sé però non basta, così come non sono sufficienti le risorse arrivate tramite il PNC (Piano Nazionale Completare al PNRR) e il PNRR: i territori chiedono una visione condivisa di sviluppo, fatta di formazione, cooperazione e politiche di lungo periodo, di investimenti nei servizi sanitari, sociali, culturali, educativi. Scuole, ospedali e presidi sanitari, sedi comunali, palasport, cinema, teatri, luoghi di aggregazione, chiese, trasporto pubblico sono stati ricostruiti in minima parte, eppure sono essenziali per la qualità della vita e dell’abitare. La loro carenza o assenza viene vista come una causa dello spopolamento e non la sua conseguenza.  

Uno degli effetti più profondi del sisma, emerso nel corso della ricerca, è stato lo sgretolamento delle reti sociali. La mancanza di spazi pubblici e luoghi di socialità acuisce l’isolamento. Le risposte della popolazione evidenziano il senso di smarrimento e di perdita per luoghi significativi per l’identità condivisa. Ad esempio, molti ragazzi e ragazzi hanno ricordi associati all’infanzia, ai nonni, all’amicizia, al senso di comunità e al bisogno di ritrovarsi di luoghi non più esistenti o inagibili. Le testimonianze raccolte restituiscono il desiderio di recuperare senso di appartenenza e partecipazione attiva. 

Il report mette in luce una verità fondamentale: non può esserci ricostruzione senza comunità. La ricostruzione post-sisma è considerata prioritaria dai cittadini e dalle cittadine che chiedono un’attenzione particolare alle problematiche specifiche dei loro territori. La rigenerazione delle aree pubbliche e dei beni comuni rappresenta un elemento riconosciuto come essenziale per restituire vitalità e coesione sociale. 

A nove anni dal sisma, tuttavia, si sa ancora poco di come procede la ricostruzione nel suo complesso. Senza informazioni chiare su tempistiche ed interventi programmati, si ha la costante percezione di ritardi, ingiustizie, opacità che acuisce il senso di sfiducia delle persone e lo sfilacciamento tra di loro e tra loro e le istituzioni. La trasparenza è quindi una condizione necessaria per la ricostruzione e nel 2024, insieme ad altri comitati e organizzazioni della società civile, abbiamo deciso di attivarci per chiedere al Commissario Straordinario la pubblicazione di dati aggiornati, aperti, completi, disaggregati e interoperabili sullo stato della ricostruzione pubblica e privata la cui spesa stimata è di circa 20 miliardi di euro. Abbiamo inviato prima una lettera – rimasta senza risposta – poi una richiesta di accesso civico generalizzato (FOIA) cui è dovuto seguire un ricorso al TAR del Lazio. A questo punto la Struttura Commissariale ha trasmesso – per la prima volta – una parte dei dati richiesti. Si è trattato di un passo avanti che ha permesso finalmente un primo livello di analisi e monitoraggio indipendente. In un’ottica di dialogo costruttivo noi di ActionAid abbiamo scelto di ritirare il ricorso, confidando nelle promesse di dialogo. Tuttavia, la documentazione inviata resta parziale.  A maggio 2025 inoltre è stato pubblicato dalla struttura commissariale il nuovo report che, ancora una volta, presenta i dati aggregati, intrappolati in un PDF e non è accompagnato da dati aperti utilizzabili per analisi indipendenti

Il Centro Italia a nove anni dal sisma  | ActionaAid

Dal report di maggio 2025 del Commissario per la ricostruzione emerge un quadro tutt’altro che incoraggiante: a nove anni dal sisma, il 71% degli interventi della ricostruzione pubblica non ha ancora avviato la cantierizzazione dei lavori e, di questi, più del 37% si trova ancora alle fasi iniziali di affidamento degli incarichi di progettazione o di redazione dei progetti da sottoporre ad approvazione. 

Si tratta, tuttavia, di dati aggregati, che non permettono di analizzare l’andamento della ricostruzione nei comuni più colpiti né di distinguere i diversi settori di intervento. Per questo, abbiamo dovuto lavorare sui dati ottenuti direttamente dalla Struttura commissariale per costruire una fotografia più dettagliata, anche se questi si riferiscono a dicembre 2024  

I comuni maggiormente colpiti rappresentano quasi la metà (44%) degli interventi complessivi previsti per la ricostruzione pubblica. Una parte significativa, il 21%, a fine 2024 si trovava ancora nelle fasi iniziali, in cui si definisce il cronoprogramma e si avviano le procedure di affidamento dei servizi di progettazione. Come riportato dalla stampa e dalle note pubblicate sul sito del Commissario, nel corso del 2025 si sono registrati avanzamenti su specifici cantieri. Tuttavia, in assenza di dati aperti e immediatamente consultabili, non è possibile includerli in un’analisi complessiva aggiornata. 

Il Centro Italia a nove anni dal sisma  | ActionaAid

Abbiamo concentrato l’analisi su due ambiti fondamentali per la vita quotidiana delle comunità: gli edifici scolastici e quelli comunali. Si tratta di spazi che non rappresentano soltanto infrastrutture fisiche ma anche luoghi strategici per la vita delle persone perché sedi di servizi essenziali: le scuole e i nidi sono il primo presidio per le famiglie, mentre gli edifici comunali e gli enti locali sono i luoghi dove la cittadinanza incontra l’amministrazione e accede a funzioni fondamentali – dagli uffici sociali e tecnici ai servizi di promozione del benessere individuale e collettivo. La loro assenza ha ripercussioni dirette sulla qualità della vita di chi abita nel cratere sisma e sui loro diritti essenziali. 

Nei 44 comuni maggiormente colpiti si registrano complessivamente 72 interventi destinati a scuole e nidi. L’analisi mostra come, a fine 2024, solo 15 interventi, circa il 20%, avevano completato i lavori o superato il collaudo mentre ben 42 di essi, il 58%, non avevano ancora avviato i lavori. Una tendenza che mette in evidenza come, a quasi nove anni dal sisma, il diritto a spazi educativi sicuri e accessibili resti ancora lontano dall’essere garantito a tutte le comunità.  

Per quanto riguarda gli edifici comunali e degli enti locali, nei 44 comuni più colpiti, molti interventi risultavano nella fase di affidamento della progettazione definitiva, di approvazione del progetto esecutivo o di avvio delle procedure di aggiudicazione dei lavori. Complessivamente, meno di un terzo dei progetti aveva raggiunto la cantierizzazione effettiva o la conclusione entro la fine del 2024. 

L’accesso a molti dei dati che dovrebbero essere pubblicati per legge non è tuttora garantito. I dati disponibili risultano ancora frammentati, parziali, e non sempre aggiornati. Quelli diffusi, lo sono una volta all’anno, in report PDF – un formato non analizzabile – e comunicati per macro-aggregazioni. Senza dati le scelte restano invisibili e una ricostruzione invisibile è una ricostruzione ingiusta. 

Noi di ActionAid continuiamo a lavorare promuovendo inclusione, welfare di prossimità e partecipazione civica, trasparenza nella ricostruzione affinché la rinascita dei territori sia anche una rinascita democratica e collettiva

“Dopo il terremoto abbiamo perso tutto, ma non la voglia di ricominciare insieme.” 

Lucia Romagnoli
Programme Developer RES

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