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L’eredità del Decreto Sicurezza durante l’emergenza Covid | ActionAid L’eredità del Decreto Sicurezza durante l’emergenza Covid | ActionAid

L’eredità del Decreto Sicurezza durante l’emergenza Covid

L’accoglienza nei grandi centri come veicolo di contagio.

Il sistema a un bivio

Il rapporto “Il sistema a un bivio” rivela la distruzione del sistema di accoglienza diffusa dei migranti nei CAS da Nord a Sud e il fallimento della gestione della pandemia del Coronavirus nella tutela della salute. 

Un fallimento annunciato che ha portato alla distruzione del sistema di accoglienza diffusa per le persone migranti. Il capitolato di gara incentiva i centri di accoglienza di grandi dimensioni a scapito di quelli piccoli e distribuiti sul territorio, aumentando così, fra le altre cose il rischio di contagio da coronavirus. 

È l’eredità del Decreto Sicurezza del primo Governo Conte sul sistema di accoglienza delle persone migranti in Italia lasciata nei due anni di vigore della Legge.  

Il Decreto Sicurezza

Il Decreto Sicurezza del 2018 ha aggravato le criticità strutturali del sistema di accoglienza e provocato, con l’abolizione della protezione umanitaria e l’esclusione dei richiedenti asilo dal sistema Siproimi, un’ulteriore contrazione dei diritti. La normativa voluta dall’ex ministro Salvini ha inoltre favorito i grandi gestori a discapito delle piccole realtà sociali.  

Molti gestori del terzo settore difatti hanno deciso di non rispondere al bando per il sistema di accoglienza prefettizio. Di conseguenza, soggetti disposti a gestire strutture ridotte a dormitori, enti con dichiarato scopo di lucro o che non hanno competenze specifiche, sono cresciuti di importanza nel sistema a discapito degli attori con capacità e a vocazione sociale.  

Nel mezzogiorno centri di grandi dimensioni

Dall’analisi degli importi messi a bando dalle Prefetture per i vari tipi di centri di accoglienza straordinaria (unità abitative, Cas fino a 50 posti, Cas fino a 300 posti) si rileva che quelle del centro nord e soprattutto nel nord est (59,2% delle risorse stanziate per posti in abitazioni) hanno cercato di mantenere un modello di accoglienza diffusa. Nel mezzogiorno, al contrario, permane la tendenza a favorire i centri collettivi e quelli di grandi dimensioni. 

I problemi amministrativi e gestionali originati dal Decreto sicurezza e dal capitolato di gara hanno portato negli ultimi due anni 34 prefetture a ripetere i bandi per l’accoglienza (circa un terzo delle prefetture italiane, ma potrebbero essere molte di più quelle con problemi nell’assegnazione), 14 di queste per tre volte di seguito. Le regioni in cui il problema si presenta con maggiore frequenza sono l’Emilia-Romagna (27 ripetizioni), la Toscana (25) e la Lombardia (23).  

Terreno di contagio

In un momento di emergenza sanitaria le criticità delle grandi strutture sono emerse con forza. La propaganda sui migranti che portano il virus risulta essere del tutto infondata, ma l'assetto del sistema di accoglienza, basato sui grandi centri, ha creato l’emergenza e innescato focolai di Covid19. In regioni di confine come il Friuli-Venezia Giulia e la Sicilia, nonostante sistemi diversi si è fatto ampio ricorso ai centri governativi per concentrare migranti in ingresso senza che si riuscisse a ridistribuirli sul territorio nazionale in tempi ragionevoli. Una situazione che ha prodotto tensioni sociali a livello locale, centri stracolmi e prassi lesive dei diritti delle persone ospitate. 

Il caso Sicilia

In Sicilia nell’era precedente al Decreto Sicurezza il sistema era già segnato dal modello basato sui centri collettivi, in vari casi di grandi dimensioni. Per lo più collocati in zone isolate, dal 2018 senza più i servizi di accoglienza, i centri si sono ridotti a semplici dormitori, rendendo ancora più esposte le persone migranti al rischio di diventare manodopera per il caporalato.

Il caso Friuli-Venezia Giulia

In Friuli-Venezia Giulia dove si era affermato un modello di accoglienza diffusa il terzo settore si è fortemente opposto al nuovo capitolato e ha disertato i bandi delle prefetture, che vedeva nel 2019-2020 per il 59,27% posti offerti per unità abitative. Una scelta che cercava di preservare un sistema sempre più distribuito sul territorio: i comuni coinvolti nell’accoglienza erano 100 (46% del totale) nel 2018. Al contrario, nel 2019 il numero si riduce a 64 (30%). Emblematica la situazione oggi a Trieste. 

Il Decreto Immigrazione

Il 5 ottobre il governo ha finalmente varato il decreto Immigrazione, che nonostante presenti ancora troppi punti critici, rappresenta un innegabile passo avanti. Tra gli elementi migliorativi, oltre al ripristino dei livelli di protezione della cosiddetta “umanitaria”, va annoverato lo sforzo di reindirizzare il sistema di accoglienza verso il modello a titolarità pubblica in micro-accoglienza diffusa. Tuttavia, è con il capitolato di gara che verranno definiti nel dettaglio costi e servizi da erogare nei centri Cas e nei centri governativi. Solo cambiando profondamente il capitolato potremo parlare di una reale riforma del sistema di accoglienza” dichiara Fabrizio Coresi, Migration Expert ActionAid.  

È necessario inoltre che, una volta entrate in vigore le nuove direttive vengano predisposti meccanismi di monitoraggio del sistema. La fruibilità dei dati, che da tempo reclamiamo con Openpolis reclamiamo, e la pubblicazione tempestiva della relazione annuale sul sistema di accoglienza, sono aspetti chiave per garantire il ruolo di controllo che è prerogativa del Parlamento e di auspicio per la partecipazione consapevole della società civile.  

La ricerca è stata condotta a partire dai dati estratti dalla banca dati ANAC e quelli resi noti dalle prefetture sui siti web.  

Photocredits: Guglielmo Mangiapane/Reuters - Tony Gentile/Reuters

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