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Gli impatti di un anno di guerra in Ucraina sulle persone | ActionAid Gli impatti di un anno di guerra in Ucraina sulle persone | ActionAid

Gli impatti di un anno di guerra in Ucraina sulle persone

Il nostro intervento in Italia e ai confini dell’Ucraina a tutela dei più vulnerabili.

Un anno di guerra in Ucraina

12 milioni di persone costrette a lasciare la propria casa e il proprio paese, di cui 8 milioni attualmente rifugiati in Europa, e 6 milioni di sfollati interni.

A un anno dall’inizio del conflitto in Ucraina i numeri della popolazione coinvolta sono altissimi.

Chi è rimasto fronteggia l’inverno con scarsità di elettricità, riscaldamento e acqua. Chi è fuggito ha dovuto trovare riparo, una casa stabile, ricostruirsi una vita.

Ciò che è sicuro è che 12 mesi dopo, la situazione in cui si ritrova chi viveva in Ucraina è ancora molto incerto, specialmente per le donne, che rischiano di cadere nelle reti dello sfruttamento e di subire un aumentato rischio di violenze di genere. Nel paese tra chi si è trasferito nei rifugi, due terzi sono donne (65%) e un quarto (25%) sono bambini.

Girls, una delle organizzazioni partner di ActionAid, fornisce spazi sicuri per le sopravvissute alla violenza di genere e offre sostegno psicosociale alle ragazze e alle donne colpite dal conflitto in Ucraina. Yuliya Sporysh, fondatrice dell'ONG Girls, afferma: "Dopo aver vissuto gli orrori della guerra, le donne e le ragazze meritano cure e protezione. Le donne e i loro figli possono guarire e recuperare la loro indipendenza in un ambiente sicuro come il nostro. Molte delle donne ucraine sono sopravvissute a violenze causate dalla guerra, ma molte altre sono riuscite a sfuggire agli abusi domestici. È preoccupante l'aumento del numero di richieste di supporto negli ultimi mesi per casi di violenza di genere e violenza sessuale". 

In aggiunta a questo sono da considerare le difficoltà che fronteggiano gli altri gruppi già marginalizzati e per questo ancora più vulnerabili durante questa crisi umanitaria: ne sono un esempio la popolazione Rom e la comunità LGBTQIA+.

In questi 12 mesi il nostro impegno in Italia, in Ucraina e nei paesi limitrofi ha puntato a fornire protezione proprio a loro: i gruppi di persone a maggior rischio.

Scopri di più sulle azioni portate avanti da noi di ActionAid e dalle nostre organizzazioni partner.

Il nostro intervento in Ucraina e nei paesi confinanti

All’indomani dell’invasione russa in Ucraina, noi di ActionAid ci siamo subito attivati per individuare i bisogni più urgenti delle persone e poter fornire un’adeguata risposta in loco. (Qui ritrovi il live blog attivato nei primi mesi del conflitto).

L’intervento ha riguardato l’Ucraina e tre paesi limitrofi, Polonia, Romania, Moldavia permettendoci di raggiungere 1.5 milioni di persone. Più precisamente 1.3 milioni in Polonia, 56.000 in Romania, 91.000 in Moldavia e 30.000 in Ucraina.  

Il focus è stato da subito assicurarci che tutte e tutti potessero vedere garantiti i propri diritti e trovassero risposta ai loro bisogni.

Infatti abbiamo dato priorità, lavorando con circa 40 organizzazioni partner, a quelle guidate da donne, minoranze e giovani, per restituire leadership e partecipazione ai gruppi più marginalizzati e colpiti dal conflitto.

Per quanto riguarda il dettaglio degli interventi, ci siamo occupati di fornire assistenza alimentare, kit per l’igiene personale e femminile, medicinali, nonché di garantire protezione e forniture utili per il soccorso.

Queste azioni ci hanno permesso di fornire protezione a 78.000 persone e raggiungerne oltre 1.1 milioni grazie alla distribuzione di kit di varia natura, assistenza alimentare, medicinali.

In aggiunta, ci siamo occupati di fornire informazioni e formazione a oltre 550.000 persone su come evitare e prevenire tratta di esseri umani e violenze. Tra i destinatari donne rifugiate, ma anche volontari, membri di polizia e agenti di frontiera, nonché sopravvissuti e sopravvissute a violenza sessuale che hanno potuto contare su assistenza telefonica, servizi medici, informazioni su come ricevere assistenza legale.

Oltre a questo con i partner Sphere, Insight e Legalife abbiamo deciso di porre particolare attenzione alle persone e alle comunità più marginalizzate e a rischio di subire gli effetti più pesanti del conflitto.

Queste collaborazioni hanno permesso con Sphere di fornire sostegno umanitario urgente a 300 membri della comunità LGBTQIA+, raggiungere più di 14.000 famiglie con pacchi di aiuti umanitari essenziali e aiutare con Legalife 100 lavoratrici del sesso, in quanto gruppo altamente emarginato. Senza dimenticare sostegno psicologico e legale, aiuto nel trasferimento e reperimento di una casa sicura per le persone più bisognose, distribuzione di cibo e medicinali.

La situazione in Italia

In che situazione si trova chi è arrivato in Italia?

Come ActionAid siamo attivi con il progetto SWEET a Napoli, nell’Arco Ionico e a Corsico (MI) fin dalle prime settimane successive allo scoppio del conflitto, con l’obiettivo di supportare i profughi in arrivo e le comunità accoglienti.

Questo ci ha permesso di poter monitorare la situazione del sistema di accoglienza, che mostra tutt’oggi delle criticità.

La maggior parte delle persone che arrivano sono donne con minori e trovano ospitalità soprattutto grazie alla cosiddetta “accoglienza informale” e all’organizzazione delle comunità già esistenti sul territorio. Molte le persone che tuttora alloggiano da familiari e connazionali, come risulta anche dai dati della Protezione Civile.

Infatti al 31 dicembre 2022 le richieste di alloggio ricevute erano circa 125.000. Questo significa che il 75% di chi ha richiesta protezione temporanea ha scelto di vivere in autonomia.

Abbiamo parlato di questo anche in “Centri d’Italia 2022” il rapporto congiunto ActionAid/openpolis uscito di recente con l’aggiornamento del monitoraggio sul sistema di accoglienza che calcola che solo il 10% delle persone in fuga dall’Ucraina siano ospitati nel sistema di accoglienza istituzionale.

Da non dimenticare anche i problemi riguardanti più in generale uffici e servizi pubblici, che si sono rivelati incapaci di fornire risposte pienamente corrispondenti ai bisogni in evoluzione delle persone in arrivo.

Lo scoglio della lingua resta importante: negli uffici pubblici non sono disponibili servizi di interpretariato o mediazione linguistico-culturale. Questo complica l’accesso e allontana le rifugiate che hanno bisogno di lavorare, ma faticano a trovare supporto nella ricerca.

In aggiunta continuiamo ad osservare un inserimento di persone altamente qualificate in settori lavorativi che sono tradizionalmente occupati da donne delle comunità dell’est Europa. Citiamo come esempi principali il lavoro agricolo, il lavoro domestico, il lavoro di cura.

L’inserimento di persone migranti in determinati settori lavorativi è un problema che osserviamo in più situazioni. E’ stato affrontato, grazie alla testimonianza di Natalya, che a Napoli supporta proprio il progetto SWEET di supporto alle persone in fuga dall’Ucraina, anche nel podcast “La mia parte” che abbiamo prodotto con Chora Media nella puntata “Migrare è umano”.

“Chi non ha conoscenze in città o non parla ancora l'italiano, spesso si trova bloccato senza informazioni chiare.

Molte sono state costrette a lasciare non solo le loro case, ma anche lavori, uffici, studi artistici. A volte, tutto questo è stato semplicemente distrutto. Nonostante ciò, molte donne sono pronte - o non hanno altra scelta che essere pronte - a ricominciare a costruire la loro vita, nella speranza che per i loro figli il futuro sia migliore. Tuttavia, per coloro che non hanno risparmi per un periodo di tempo sufficientemente lungo per studiare adeguatamente la lingua, il mercato del lavoro è estremamente limitato. Inoltre, avere figli piccoli ed essere sole rende quasi impossibile fare domanda per un lavoro a tempo pieno.

La sicurezza dei bambini è stata la motivazione principale che ha spinto le donne a fuggire pertanto, qualsiasi aiuto per risolvere i problemi di alloggio, soprattutto per le madri con bambini piccoli, è estremamente importante” testimonia Oksana, ucraina, psicologa clinica per ActionAid Italia nell’ambito del progetto SWEET. 

Il fatto di essere donne in una condizione sociale fragile aumenta il rischio di essere discriminate o cadere in reti di sfruttamento. Il binomio tra emergenze e aumento delle violenze di genere è purtroppo noto a livello globale.
È stato osservato durante catastrofi naturali ed è purtroppo confermato anche nel caso del conflitto in Ucraina.

In considerazione di ciò, i servizi pubblici devono e possono svolgere un ruolo centrale per tutelare i diritti di donne e minori e di chiunque appartenga a gruppi marginalizzati e migliorarne l’inserimento nelle comunità di arrivo e residenza.

L’intervento di ActionAid in Italia

Come detto poco sopra, il nostro intervento in Italia è scattato immediatamente tra febbraio e marzo del 2022, con l’attivazione del progetto SWEET.

Infatti abbiamo valorizzato le reti e le capacità delle donne ucraine, romene, bielorusse e russe già presenti nelle comunità di intervento nel rispondere all’emergenza. Ciò ci ha permesso di valutare con rapidità i bisogni.

Oltre alla distribuzione di beni materiali di prima necessità ActionAid ha sostenuto le persone fornendo supporto socio-psicologico e gruppi di sostegno psicosociale e grazie agli sportelli di orientamento e al servizio di assistenza legale è stato facilitato l’accesso ai servizi pubblici come quelli sanitari, l’inserimento lavorativo, abitativo e, per i bambini, scolastico. Infine, è stata fornita mediazione linguistico-culturale e realizzati corsi di italiano.

In totale l’organizzazione ha seguito nel percorso di inserimento 97 nuclei famigliari, per un totale di 201 persone, nell’Arco Ionico, 51 nuclei famigliari, inclusi 39 minori, a Napoli mentre a Corsico sono seguiti 25 nuclei e 105 sono quelli che hanno beneficiato dell’assistenza alimentare.  

Il nostro appello

Noi di ActionAid crediamo necessario un passo ulteriore da parte delle istituzioni del nostro paese.

Gli Uffici immigrazione delle Questure del paese devono garantire il pieno diritto alla protezione temporanea e rafforzare la mediazione all’interno dei Centri per l’Impiego, della Scuola e dell’area welfare, promuovendo servizi rispondenti ai bisogni di genere e alle culture anche mediante il pieno impiego degli istituti della co-programmazione e co-progettazione tra gli enti di terzo settore e gli enti pubblici qualificabili come “amministrazioni pubbliche” ai sensi del d.lgs. n. 165/2001, in linea con il Codice del Terzo settore. 

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